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terza 41

E allor la Guida al terminar del passo
     Quel raggio accrebbe, che gli uscía dal volto,
     219Per rischiarar la sculta via nel sasso,
E me condusse in terren ampio, e folto
     D’ erbe, e di fior fra impure acque tranquille
     222Da tenebrata e torpid’aria involto,
Fra cui strisciavan pallide faville
     Atte a mostrar smorta di luce immago,
     225Non gli allumati obbietti alle pupille.
Qual se vapor surto fra monte e lago
     Piove in grandine fredda, e peste, e rotte
     228Lascia le spoglie del Maggio più vago,
Le lucciole dal gel cadon ridotte
     Semivive ne’ prati, e di lor scarso
     231Languido stuol fende l’opaca notte;
Tal in quell’ombre era il barlume sparso:
     Funeste ombre infelici, in cui sì lieve
     234Apparía lampo, ed ascondeasi apparso.
Fra quelle un popol reo pascol riceve
     Soave ai desir suoi, non già dall’Alma,
     237Ma dalle fogne putride, ch’ei beve;
E intento a saziar l’ingorda salma,
     D’empie voglie i pensier grava, e gli sforza
     240Nell’empie voglie a ritrovar la calma;
Onde, poich’egli in sè l’infuso ammorza
     Lume del vero, in lui ragiona, e vive
     243L’Alma non più, ma l’impudica scorza.
Benchè fosser de’ rai del giorno prive
     Le genti, io vidi in pormi loro al fianco
     246Qual traean vita in quelle infami rive.
Uomini e Donne, altri con roseo e bianco
     Giovane volto, altri in viril sembiante,
     249E col frale altri in vecchie membra stanco