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terza 39

Poichè iniquo desio par che ti mova
     Del piacer tristo a penetrar ne’ regni,
     153Nè ragion, ove amor contrasta, or giova,
Nudri, e seconda pur i moti indegni
     D’un libero voler; ma pria t’appresta
     156Del mio piè sacro a tener dietro ai segni.
Nè più sul colle, no, ma sol per questa
     Vorago il fin vedrai, cui non attendi,
     159Di turba amante eternamente mesta:
Nè t’inspirin terror que’ giri orrendi
     Della scesa feral. Teco son io,
     162Che t’allumo la via; seguimi, e scendi.
Disse, e me trasse, come augel restío
     A gir là dove udì d’aquila il rombo
     165Presso al cerchio spiral del gran pendío,
E ratto scese, e qual piuma sul piombo
     Nullo diè suon sovra i marmorei gradi,
     168Che rendean pieno ai passi miei rimbombo:
Ed io, come smarrito uom, che non badi
     Qual sentier varchi, e sol intento stia
     171Al suo timor, per cui tremando agghiadi,
Doglioso, e muto il Condottier seguía,
     Che con un raggio in fronte i spazj oscuri
     174Lieve scorrea dell’aggirevol via;
Quand’ei riprese: Aspri tu provi e duri
     Questi marmi, che pur calcati avresti
     177Lieto scendendo fra i piacer non puri;
E temei, perchè sai qual ria funesti
     Meta il cammin, che que’ che il monte accolse,
     180Compion con annebbiati occhi, e non desti.
Parte d’essi, che il piè lassù rivolse,
     Paga del nome espugnator de’ cuori
     183Neil’ingannar altrui, l’inganno avvolse;