Talchè in quel gran momento il mio si schiuse
Fonte del vero pianto, e in quel momento 120L’Alma si sciolse, e il tentator deluse.
Nè a ravvivar il mio valor già spento
Mi diéro aíta allor le illustri avite 123Geste, che io fui nell’imitar non lento,
Nè le insegne dai voti altrui sì ambite
Dell’ostro, onde splendei, nè dell’altere 126Mie penne il volo in seguir Stazio ardite,
Nè da me le frenate, e pria sì fiere
Genti d’Emilia, nè il mio nome chiaro 129Su le Galliche sponde e sull’Ibere;
Chè quel che dolce è nella vita e raro,
Sul duro passo del mortal confine 132Tutto, credilo a me, torna in amaro.
Or io benchè nel sen delle divine
Delizie colmo di piacer immensi 135Goda il beato mio principio e fine,
Pur in questi aleggiai vapor condensi
Per sacra legge d’amistade antica, 138Ch’io serbo ancor fra il rotto vel de’ sensi.
Nè qual foss’ella è d’uopo a te che il dica
Il labbro mio, chè richiamar ne puoi 141Con un lieve pensier l’immago amica.
Rammenta quante s’alternár fra noi
Sincere note in cento fogli impresse 144De’ gravi affetti miei piene e de’ tuoi:
Rammenta quel che la mia voce espresse
A te fermo desío di partir teco 147L’ore, ovunque il mio fral viver scegliesse;
Ma se tutt’altre obblii, questa ch’io reco
D’un’amichevol fede invitta prova 150Parli al tuo cor nelle sue furie cieco;