E m’infuser conforto al cor soave;
Quando si volse a me l’Anima bella, 279Che più nel suo gioir non spera o pave,
E disse: Il corpo tuo, che rinnovella
Col moto l’ombre sue, mostra che vivi 282Mortale ancor sotto la bassa stella;
Però se avvien, che a ricondur tu arrivi
Nell’aere fosco la tua frale spoglia, 285Col mio tríonfo la mia gloria scrivi:
Scrivi al Real mio Genitor, che toglia
Dal cor l’affanno, e dileguando il lutto 288Scemi alla Madre pia l’acerba doglia;
Sì che la stirpe sua col ciglio asciutto
Renda altrui noto, e col sereno volto, 291Quanto ebbi grato di mia morte il frutto.
Ch’io fior non fui da cruda falce colto
Per onta, o sdegno, ma su l’alta sfera 294Tra i più bei fior dalla Pietade accolto;
E a me non si fe’ notte innanzi sera;
Ma i miei giorni d’assai lunghi mi fúro, 297Per cui rinacqui entro la luce vera.
Scrivi, ch’io mi rammento ognor quel duro
Ultimo addio, ch’ei diemmi, e l’affannata 300Mia voce rese a lui fra il labbro oscuro;
Ch’ei mi è padre anche in ciel; che a me beata
Di gaudio il pianto suo nulla sottragge; 303Ma ch’io non deggio esser col pianto amata.
Poi, se la facil via colà ti tragge,
Ove la mia Germana alberga, e affrena 306Gli abitator delle Parmensi piagge,
Dille, che arresti al lagrimar la piena,
Che amara fe’ su gli occhi suoi ritorno 309Mille fíate con sì larga vena;