E in te destasti l’ingannevol frodo,
Che dal retto sentier ti svolse, e degno 213Ti fe’ di morte con sì orribil modo.
Or io veggendo te scopo al suo sdegno
Pel lungo obblío delle divine leggi, 216Ti trassi, ove ha vendetta il tempio e il regno,
Perchè il tuo duol la colpa tua pareggi,
E il fulmin tolga alla Pietate offesa. 219Rimira intanto il fatal scritto, e leggi.
Levai lo sguardo, e tal sentenza stesa
Lessi ne’ duri bronzi in su l’esterna 222Porta con ceppi di diamante appesa.
Il Libero voler, che l’uom governa
Reo dell’iniquo oprar, questo alzò tempio 225Alla Giustizia ultrice e all’Ira eterna.
Gli error miei gravi, e del mio giusto scempio
L’editto, che in que’ carmi aperto scorse 228L’Anima conscia a sè del suo cor empio,
Fér sì, che mentre il Condottier mi porse
La man per superar le soglie insieme 231Gran tempo stetti di seguirlo in forse;
Ma da lui preso alfin conforto e speme,
Posi tremante il piè dentro i secreti 234Aditi sempre chiusi all’uman seme.
Giungean al ciel le fulgide pareti
Scarche di tetto, che al chiaror diviso 237Dell’aere sacro il penetrarle vieti.
Nel mezzo eretta un’ara, e in quella inciso:
Io son principio e fine; a cui dintorno 240Sette fra i Cherubin più ardenti in viso
Davan incensi, e ne rendean il giorno
Annebbiato da fumi, e il tempio stesso 243Di maestà fra dubbia luce adorno.