Mite lo sguardo, e dolcemente lento,
Tumido il labbro, e di ridente in atto, 147E di candida barba ispido il mento.
Il terror primo, e l’impeto del ratto
Fér me ad affigurarlo incerto assai 150In regíone ignota, ove fui tratto.
Quand’ei: Son, disse, intempestivi omai
I dubbj tuoi. Non mi conosci ancora? 153Nel dir Non mi conosci il ravvisai.
Ah Padre! ah Padre! gli risposi allora,
Dunque lo scampo a te dall’ima io deggio 156Voragin, che del mar l’acque divora?
Ma come in tanta gloria or ti riveggio
Di sacre armato e inimitabil penne? 159Dimmi: egli è questo il tuo beato seggio?
Lasso! a noi quanto inaspettata venne
Quell’ora, in cui smorto ne’ membri guasti 162Trofeo di morte il corpo tuo divenne!
Oh irrevocabil ora, in cui lasciasti
I resi al tuo sparir foschi e selvaggi 165Tuoi patrj lidi, che già tanto amasti!
Non darà il sol ne’ curvi suoi víaggi
Altro a noi giorno più di luce muto 168Di quel, ch’ultimo a te spense i tuoi raggi.
Se di lagrime pie l’ampio tributo
Ritor potesse al Fato i furti amari, 171Ah! i nostri pianti allor l’avrían potuto.
Niun duol fu mai, che rispondesse pari
Di dolersi al desío, come l’affanno, 174Che i lumi anche turbò di stille avari;
Chè in mirar te steso su l’atro panno,
Quanto taciti più, parean loquaci 177Ne’ tristi modi, che i soli occhi sanno.