Fra i sentier torti un ne calcai vagando,
Che mi condusse in erma rupe alpestra 48Presso al colle, onde pria me posi in bando.
D’alto rividi alla veletta destra
L’abbandonato poggio, e un gran sospiro 51Diè il cor, che tardo a disamar s’addestra;
Pur temprando il nascente in me deliro
I ritrosi occhi là volsi, ove appare 54L’onda, che abbraccia il terreo globo in giro.
Era tranquillamente azzurro il mare;
Ma sotto a quella balza un sordo e fisso 57Muggito fean le spumanti acque amare;
Chè un fiume, cui fu dal pendío prefisso
Cieco sotterra il corso, ivi formava 60Co’ moti opposti un vorticoso abisso.
Desío di rimirar, qual s’aggirava
A spire il flutto, e tratto poi dal peso 63Perdeasi assorto nell’orribil cava,
Me mal saggio avvíò fin allo steso
Dentro i profondi golfi orlo del masso, 66E da incauto affrettar così fui preso,
Che sul confin io sdrucciolai col passo.
Dall’erta caddi, e un caprifico verde 69Afferrai sporto fuor del curvo sasso.
Gli spirti, che il terror fuga e diperde,
Corsermi al cor, lasciando in sè smarrita 72L’Alma, che il ragionar stupida perde.
In cotal guisa l’infelice vita
Sospesa al troppo docil tronco stette 75Fra certa morte e vacillante aíta.
Su l’onde in rotator circoli strette
Fissai, ritorsi, chiusi le pupille 78Da un improvviso orror vinte e ristrette;