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238 visione

Altri, che nulli aver potéro schermi
     Dallo sterminator nembo, che i colli
     216Fe’ di Volterra ignudi d’erba ed ermi,
Gli occhi per lutto disperato molli
     Cangiáro in fonti di letizia, ch’egli
     219Da povertate e da squallor levolli.
Vergin di gigli adorne anco i capegli
     Facili ai rai dell’ingannevol oro,
     222O al plauso lusinghier de’ vani spegli,
Da lui ridotte al femminil lavoro,
     E chiuse in loco, ove alfin scelta, o forza
     225Ozio spegnesse, e onor serbasse in loro;
Garzon robusti, e vegli in fiacca scorza,
     Che improvviso di morte orror sottragge
     228Da’ smossi tetti, ed a fuggir gli sforza,
Con generosi doni, ed arti sagge
     Racconsolati allor, che il fier tremoto
     231Scosse il gran porto dell’Etrusche piagge.
Dopo questi scorrean l’etere a nuoto
     I Lotaringhi Duci, e d’Austria i Regi
     234Con maestose insegne, e in volto noto,
Che in fama di virtù severa egregi
     I vergati scoprían sovra i trofei
     237Del lor vero valor titoli e fregi;
Or aggiunti allo stuol de’ Semidei,
     Perchè a pugnar vili non fúro, o tardi
     240Nel duro assalto degli affetti rei.
Poi grandi e lucidissimi stendardi
     Sacri all’immago dell’Agnel Divino
     243Apparver ondeggiar folti a’ miei sguardi;
Cui gli Angeli dintorno a capo chino
     Gridavan: Gloria a Lui, che diè le penne
     246All’Uom esule in terra e peregrino.