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duodecima 233

Argomentai, che il misto ordin del loco
     A prestar atto sia continue l’onde
     51Spinte in giù dalla scesa a poco a poco
O fra sterili sassi, o erbose sponde;
     E il fiume tragga sol perenni l’acque
     54Dai montani antri e vasche, e non d’altronde.
La mia ragionatrice Anima giacque
     Sì paga in raffrontar co’ sensi il vero,
     57Che null’altra esplorar cagion le piacque:
Quindi in sì eccelsa vetta il mio pensiero
     Lungi scorrea con la virtù visiva
     60Gli spazj del soggetto ampio Emispero;
Ed ecco su l’opposta Adriaca riva
     Del mar, che Italia ai fianchi suoi riceve,
     63Sospinto in lor dalla corrente riva,
Ecco nube apparì bianca qual neve
     Dal gelido aquilon, che l’umid’ale
     66Spiegò su i venti a par dei venti leve.
Salía verso il meriggio, e ai moti eguale
     Era una luce, che nel centro ardea
     69Cinta da tríonfal lauro non frale.
Dagl’intrecciati rai talor sorgea
     Francesco in essi impresso, e il nome e i raggi
     72Talor confusi il gran fulgor mescea.
Nulla mai parve a me nube, che irraggi
     Con sì placido ardor l’etere chiaro,
     75E negli Spirti in ragionar più saggi
Stupor desti e piacer agli occhi raro;
     Tal che a me fu le nove immagin vere
     78Grato il veder, ma lo spiegarle amaro.
Quando in guisa di tuon, che scoppia e fere,
     Una voce gridò dal sol discesa:
     81Date loco a Francesco, o stelle, o sfere: