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Questi d’argin informi, e di solcati
Dorsi, e di gore, e d’ineguali fosse
18In varie strane fogge eran vergati.
Cento scorgeansi in essi, ove serbosse
La pioggia, late vasche, altre già vote
21D’acqua, altre sceme, altre ricolme e grosse.
Di là salii balze più eccelse, e note
Solo ai rapaci augelli, e trovai boschi,
24Spelonche e abissi, in cui giaceano immote
Le nevi e ghiacci, o splenda il giorno o infoschi,
Non mai squagliati, perchè troppo inerte
27È il sole a riscaldar quegli antri foschi.
Vidi in altre caverne al ciel scoperte
Grondar le linfe dal pendío condotte
30Delle inzuppate, e ai raggi terre aperte;
E da più alte selve altre dirotte
Fonti precipitando in tufi e in greppi
33Perdersi dentro a fesse rupi e a grotte.
Lassù pur il cammin fra schegge e ceppi
Rósi, e pomici mai non viste altrove
36Tentai, nè come il superassi io seppi;
E colà rimirai voragin nove,
E rappresi entro a quelle, e sciolti umori
39Del Libic’austro per l’estreme prove,
E campi squallidissimi peggiori
Di quel ch’Uom finger possa, alberghi solo
42Di nevi e di gelate acque e d’orrori.
Da tai di tante piogge in erto suolo
Serbatoi vasti un sovra l’altro stanti,
45E dal vario del sol girar dal polo,
E dai venti fra lor vario-spiranti,
E dai vapor, che il sotterraneo foco
48Alza entro al monte, e striscian fuor grondanti,