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226 visione

Mi volsi, e un sol mirai piover a fiumi
     Aurei sua luce inestinguibil deutio
     381A un cavo acciar, che rifletteane i lumi.
Parea lo specchio aver senso, e per entro
     Al fondo curvo destar moto, e alzarse
     384Verso il sol, che il rapia forte al suo centro;
Ma di catena oscure tracce sparse
     In esso rimandar gli togliean piena
     387La luce, e insiem al suo fonte appressarse.
Mirabil mostro! Avea nascenti appena
     Due candid’ale ai ferruginei lati,
     390Non pari all’orme della sua catena.
I folgori dal globo igneo vibrati
     Rodean ardendo i rugginosi ed ampi
     393Vestigj dal servil ceppo vergati,
E l’acciar, come fosse un Uom, che avvampi
     Pago, e onor dal suo rogo e pace aspetti,
     396Stridea infocato, e ne invitava i lampi,
Che nel fulgor ripercotea più netti,
     E col riverberar più pura fiamma
     399Cresceangli i vanni a fender l’aria eletti.
Poichè l’immensa lampa, che l’infiamma,
     Col foco affinator, che in esso tenne,
     402Qualunque divorò di ruggin dramma,
Spiegò lo speglio le robuste penne
     Per la splendente via degli astri erranti,
     405Ed immerso nel sole il sol divenne.
Nel meditar la Visíon, che avanti
     Agli occhi miei veracemente apparve,
     408Il nudo io sciolsi di que’ detti santi,
Che al basso ingegno indissolubil parve,
     E ripien d’ineffabile dolcezza
     411Rimasi allor, che il grande obbietto sparve.