Mi volsi, e un sol mirai piover a fiumi
Aurei sua luce inestinguibil deutio 381A un cavo acciar, che rifletteane i lumi.
Parea lo specchio aver senso, e per entro
Al fondo curvo destar moto, e alzarse 384Verso il sol, che il rapia forte al suo centro;
Ma di catena oscure tracce sparse
In esso rimandar gli togliean piena 387La luce, e insiem al suo fonte appressarse.
Mirabil mostro! Avea nascenti appena
Due candid’ale ai ferruginei lati, 390Non pari all’orme della sua catena.
I folgori dal globo igneo vibrati
Rodean ardendo i rugginosi ed ampi 393Vestigj dal servil ceppo vergati,
E l’acciar, come fosse un Uom, che avvampi
Pago, e onor dal suo rogo e pace aspetti, 396Stridea infocato, e ne invitava i lampi,
Che nel fulgor ripercotea più netti,
E col riverberar più pura fiamma 399Cresceangli i vanni a fender l’aria eletti.
Poichè l’immensa lampa, che l’infiamma,
Col foco affinator, che in esso tenne, 402Qualunque divorò di ruggin dramma,
Spiegò lo speglio le robuste penne
Per la splendente via degli astri erranti, 405Ed immerso nel sole il sol divenne.
Nel meditar la Visíon, che avanti
Agli occhi miei veracemente apparve, 408Il nudo io sciolsi di que’ detti santi,
Che al basso ingegno indissolubil parve,
E ripien d’ineffabile dolcezza 411Rimasi allor, che il grande obbietto sparve.