Tu il sai, che i sospir dolci e le querele
Tenere odiai. Ah! che a te solo fui, 282Ma non a me, quant’io dovea, crudele.
Non furor mio, non l’Angel reo co’ bui
Moti, onde l’Alma a Dio ribelle ancide, 285Me vinse; anzi onta e scorno accrebbi a lui;
Ch’io serbai voglie castamente fide
A quel Divo Amator, che la sua luce 288Per seguir Lui larga su noi divide.
Pur la nebbia, che il cor molle produce,
L’Anima invase; ed io spruzzata giacqui 291Da ruggin leve, ove ragion più luce:
L’error conobbi; e benchè a Dio nol tacqui,
Col fonte nol purgai del pianger santo, 294E in ben oprar troppo a me incauta io piacqui.
Or poichè siedo ai nudi Spirti accanto,
Trafitta io son da acuta fiamma eletta 297A terger quel, che non lavò il mio pianto.
Nol ti dirò, qual da tai vampe stretta
Crudo io provai martír; chè la tua mente 300Per così atroce idea troppo è ristretta.
Ma quai dirotte lagrime repente
Inondan le tue gote? e qual dintorno 303Fiato sprigioni di sospiri ardente?
M’invidj forse tu l’eterno giorno?
O temi per l’ardor, che in me s’aggira, 306Che sia funesto il loco, ov’io soggiorno?
Datti pace, se questo il duol ti spira;
Ch’ivi squallor non àvvi, e non pupilla 309Gonfia di lutto, e non lamento ed ira;
Ma nell’infiammatrice alta favilla
Cara a Dio stommi ubbidiente ancella 312Fra il mio piacer e il mio dolor tranquilla.