Ella, che allor ambe le mani stese
In atto di chi al Ciel libera chiede 249Grazia, chinò la fronte, e a dir sì prese:
Io non lasciai la mia profonda sede
Per ricercar da te delle tue meste 252Brame accese d’amor novella fede:
Dio, che in me vive e regna, agita queste
Mie docil penne, e le trasporta seco 255Lungi dal centro della via celeste;
Chè ovunque io vada il mio dolore ho meco;
E fuor della prigion sacra le guida, 258Per porger luce a te smarrito e cieco.
Ben de’ pensieri tuoi scorta è mal fida
L’ingannevole Amor, che ti dipigne 261Dolce quel frutto, ove il velen s’annida.
Se tu sapessi fra le sue benigne
Braccia il rigor di Dio, che me pur ama, 264Con quanta amaritudine mi strigne,
Orrida ti parría non sol la brama
Empia, ma il desir vano, ancor che lieve, 267Che innocente vaghezza il mondo chiama.
Oh come peso in giusta lance ha greve
D’error ogni ombra! e come al guardo eterno 270Offresi lorda ancor l’intatta neve!
Beato appien chi al suo cor freno interno
Pose aspro, mentre visse, e al duro estremo 273Passo ebbe morte, e i suoi tríonfi a scherno,
E giunse ove non mai di gloria scemo
L’aureo momento interminabil versa 276Torrente immenso di piacer supremo.
Io trassi vita ai lusinghieri avversa
Modi d’Amor, che mesce a scarso mele 279Parte letal d’assenzio ingrato aspersa: