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220 visione

E all’alto i lumi da pietà sì tocchi
     Volgea, che mai lassù non fùro affissi
     183Nè più amorosi, né più amabil’occhi.
Tacendo essa, io pur tacqui, o non ardissi,
     O me rendesse muto il mio stupore.
     186Confuso alfin ruppi il silenzio, e dissi:
O mia misera speme, e mio dolore,
     Fra le spolpate nel funereo seggio
     189Ossa tue carche di cotanto orrore,
Amennira, ed è ver ch’io ti riveggio?
     O pur fra i sogni e i simulacri vani
     192Del mio turbato immaginar ondeggio?
Da quali ignoti spazj, e alberghi arcani
     Degli astri, o degli abissi a me tu vieni
     195Tratta di Morte dalle ferree mani?
Ma da qualunque a me sede ti meni
     Sì amico volo, ah! tu soave spiri
     198Grazia, e fra il lutto ancor mi rassereni.
Io già credei, che i caldi miei desiri
     Dal volto tuo per lunga via divisi
     201Nulla più dasser esca ai miei sospiri;
Chè interrogai del cor quegl’indivisi
     Dal dolce palpitar moti, che fùro
     204Vive poi fiamme, ove a penar lo misi,
Né in lui conobbi dell’antico e duro
     Suo nodo orma pur lieve, anzi mel finsi
     207Queto, e in sua libertade appien securo;
E d’inni eletti a coronar m’accinsi
     Altre labbra ed altri occhi, e i novi rai
     210De’ tuoi più vaghi al paragon mi pinsi;
Ma poiché quella, che non rota mai
     L’adunca falce invano, al Mondo tolse
     213Teco il lume, che ogni altro ombrò d’assai,