Or, poichè avvinto alla memoria tenni
Te, che all’estinta mia Germana offristi 711Le rime, onde i miei pianti io non ritenni,
Sprono te, che la mia gloria scopristi,
A pianger vivi di Filippo ai guardi 714Questi obbietti da altr’uom non pria mai visti.
Digli, che il freddo mio cener non guardi,
Se non con dolce invidia, e al Regno aspiri 717Di luce, ov’ei mi rivedrà; ma tardi.
Che se dato al tuo piè fia che s’aggiri
Là ’ve Isabella in fra i silenzj tetri 720Di gemiti si pasce e di sospiri,
Taci, nè forza ardisci far con metri
Festosi al lutto suo. Lascia, che chiegga 723Stanca dal duol chi tregua al duol le impetri.
Tu armato allor di quanto avvien che regga
I vati igneo vigor, dille, che spogli 726Le ingrate cure, e ne’ tuoi carmi legga
Quel, che per lei fausto destin disciogli:
Poi grida: Oh troppo cara a Dio! non lenta 729L’ora a te vien, che d’altro amor t’invogli:
E tu ad Amor t’arrendi, e della spenta
Madre, e pronuba tua non più la tomba 732Muta, ma l’opre e la mercè rammenta.
Fin pose ai detti, e voce udii, qual tromba
Armoniosa in raddoppiati squilli, 735Che d’Austriaci trofei mista rimbomba,
E di sacri a Teresa ozj tranquilli.
Nè ai lustri, che verranno, io questi innarro, 738Perchè a me il Ciel oscuramente aprilli,
Cogli Spirti felici allora il carro
Divin levossi, e su la valle bassa 741Rifolgorando, in men di quel ch’io il narro,
Svanì, qual lampo, che illumina e passa.