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decima 209

E donde avvien, che ad ammirar ti pieghi
     Cotanta largitate, e poi t’infingi
     645Di non intender, che l’accorci e leghi,
Mentre il Poter altissimo ti pingi
     Sì fecondo ne’ corpi, e negli Spirti
     648Scelti a conoscer Lui lo scemi e stringi?
Nè paventar, che in nebbia atra, e fra sirti
     Dubbie tua mente il parlar mio riduca;
     651Chè tu puoi da te stesso il vero aprirti.
Pensa, che l’arti tutte, in cui riluca
     Vigor d’ingegno, fùr pria d’ogni norma
     654Scritta, che ad acquistarle altri conduca;
Onde forz’è, che l’inventrice forma
     Splendesse in alma non vulgar, che ignota
     657Via scoprì senza condottiero ed orma.
Tu pur vedesti del saper la nota
     A pochi fonte ampia sgorgar da incolti
     660Spiriti, ove apparir dovea più vota,
Che da rozzezza e povertade involti
     Nulla appreser da quei, che dopo acerbi
     663Studj, e lungo vegliar divenner colti,
Se il meditar sublime, o ignobil serbi
     Del cerebro a robusta, o a debil fibra,
     666Per cui ragion o si rinforzi, o snerbi,
Tu allo strumento dai, ch’offre e non libra
     Le immagin, quell’onor, di cui ti provi
     669L’Alma spogliar, che in sé le avviva e cribra;
Che non ponno corporei obbietti, o novi,
     O antichi invader l’Anima, se questa
     672Le forme lor in sè pria non rinnovi.
Or tal riproduttrice o pigra, o presta
     Virtù, che spirto è sol, negli uomin vari
     675Varia per l’opre lor si manifesta;