E con tal grazia d’un leggier sorriso
Segnò le labbra sue, che non più certa 579Di gaudio immagin mai diè più bel viso.
La fatal notte de’ superni aperta
Decreti in essa ad affisarsi trasse 582L’eterea schiera a svilupparli esperta;
Chè in quelle sorti eccelse, appo cui basse
Fúr quante a virtù rara Amor consacre, 585Fra stupor e piacer parve che stasse.
Ah! perchè a me dato non fu le sacre
Tenebre penetrar? Come in robusto 588Cangiato avrei lo stil selvaggio ed acre,
Sì, che or vedría ne’ miei carmi il vetusto
Suo lume vinto dal fulgor novello 591L’Augusta Donna del Consorte Augusto.
Pur quel, che da cotanta ombra io divello
Fausto segno all’età nostra si schiuda. 594Mirai fuor del chiarissimo drappello
Gli Angioli d’Austria e Gallia, ambo di cruda
Lorica armati, infra le accese faci 597Da fiamma d’ogni fumo impuro nuda
Guidar l’Angiol d’Italia, e con veraci
Pegni di fè stringer d’Amore i fianchi, 600Ed alternar sul santo volto i baci.
Mentre con occhi umilemente franchi
Leggean que’ Spirti entro i destin futuri, 603Nè in meditarli sazj eran, nè stanchi,
Io, cui d’Amor sembráro in parte oscuri
I sensi, sclamai volto alla mia scorta: 606Chi fia, se tu non sei, quel, che assecuri
I pensier miei? Detto, che udii, m’apporta
Dubbio alla mente. E v’hanno Anime quali 609Testè le pinse Amor dentro l’attorta