E fra i materni e i tuoi teneri nodi,
Oh che dolce atto! dall’ingrate some 249Del corpo mio l’Anima mia si snodi.
Qui replicando un lamentevol Oh me
Infelice! sonar misto col pianto 252Fe’ di Filippo e d’Isabella il nome.
Allor ch’io scorsi in lei fremer cotanto
I moti del cor mesto, entro cui giunsi 255Di sua costanza a render dubbio il vanto,
Col sangue incenditor stimol congiunsi,
E le increspai le fibre, ed ai soavi 258Liquidi pania infiammatrice aggiunsi,
Che in lor confin gli arteríosi cavi
Tubi ingombrando svaporar ne feo 261Le parti levi, e infracidò le gravi.
Ben vano ai voti miei pinsi trofeo,
Che furore malnato ella nudrisse 264Ne’ doppj affanni intollerante e reo,
E che avversa al voler di chi prescrisse
Al corto viver suo termin sì duro 267Fra le ribelli voglie alfin perisse.
Ma i voti al ver troppo contrarj fúro.
Essa anzi, come ferro in su l’incude, 270Che fra le vampe e i colpi esce più puro,
Obbliò quei, che il sen di Madre chiude,
E di Consorte affetti; e quest’obblío 273Non di mente torpor fu, ma virtude:
Grazie rese a’ suoi mali, e con desío
Da Fede spinto a Cantate e a Speme 276A Dio si strinse, e tranquillossi in Dio,
Quindi pien d’ira e duol, che m’arse insieme,
Abbandonai la gangrenata salma 279A te, cui cura è tua nell’ore estreme