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ottava 159

348Va, movi dentro al cavo legno il piede,
     E il roseo fra le spine e i gigli intesto
     Nodo, che ordisti a’ rai delle mie tede,
351Togli all’amante cor: già pel funesto
     Fiato di morte impallidirò i fiori,
     E verde sol di spini è il vincol mesto:
354Vanne, e te serba a più felici amori.
     A tai detti la Fé rapida corse
     Fra l’aere basso ed i cadenti umori,
357E nella nave ascosamente a porse
     Venne, ed accanto all’Amator s’assise,
     Cui la sacra in tant’uopo aura soccorse.
360Essa l’eburnea mano al cor gli mise;
     E mentre con secreta arte lo scosse,
     Lo spinoso da lui vincol divise;
363E in riguardarlo poi dal petto mosse
     Un profondo sospir: Sciolto è, gridando,
     Sciolto è il nodo più bel, che in terra fosse.
366Or chi egual sede appresterammi? E quando
     Il candor fia delle mie leggi accolto
     Da pari altr’Alma, che me segua amando?
369Così dicendo il laccio aspro disciolto
     Recò ad Amore; ed ei le labbra aprìo
     Verso lei, che onor tanto aveagli tolto,
372E incominciò: Quanto il trionfo mio
     Illustre fosse, e in sé pregevol l’opra,
     Tu, Felicita, il sai, che il vedi in Dio;
375Ma poiché in far al Ciel forza s’adopra
     La tua pietà, che a tal confin tu stendi,
     Che ad essa raro altra varcar può sopra,
378Ecco slegato il nodo. Or tu lo prendi
     Pegno d’invitta fede, ed al tuo Sposo
     Nel suo morir pegno di gloria il rendi.