348Va, movi dentro al cavo legno il piede,
E il roseo fra le spine e i gigli intesto
Nodo, che ordisti a’ rai delle mie tede, 351Togli all’amante cor: già pel funesto
Fiato di morte impallidíro i fiori,
E verde sol di spini è il vincol mesto: 354Vanne, e te serba a più felici amori.
A tai detti la Fè rapida corse
Fra l’aere basso ed i cadenti umori, 357E nella nave ascosamente a porse
Venne, ed accanto all’Amator s’assise,
Cui la sacra in tant’uopo aura soccorse. 360Essa l’eburnea mano al cor gli mise;
E mentre con secreta arte lo scosse,
Lo spinoso da lui vincol divise; 363E in riguardarlo poi dal petto mosse
Un profondo sospir: Sciolto è, gridando,
Sciolto è il nodo più bel, che in terra fosse. 366Or chi egual sede appresterammi? E quando
Il candor fia delle mie leggi accolto
Da pari altr’Alma, che me segua amando? 369Così dicendo il laccio aspro disciolto
Recò ad Amore; ed ei le labbra aprío
Verso lei, che onor tanto aveagli tolto, 372E incominciò: Quanto il trionfo mio
Illustre fosse, e in sè pregevol l’opra,
Tu, Felicita, il sai, che il vedi in Dio; 375Ma poichè in far al Ciel forza s’adopra
La tua pietà, che a tal confin tu stendi,
Che ad essa raro altra varcar può sopra, 378Ecco slegato il nodo. Or tu lo prendi
Pegno d’invitta fede, ed al tuo Sposo
Nel suo morir pegno di gloria il rendi.