Ben quel, ch’io presagii, barbaro chiodo 249Troppo Amor nell’afflitta alma gli fisse
Con duol, che fren mai non serbò, nè modo.
L’infelice di poi fra i pianti visse, 252E senza compier gli anni a fin condotti
Sembrò nel volto ognor Uom, che morisse:
I brevi sonni gli fúr tolti, o rotti 255Da involontarie lagrime, e da larve
Tristi compagne delle meste notti.
Quanto di dolce ai sensi pria gli parve 258Tutto cangiossi in amarezza e in duolo,
Ch’ogni dolcezza in perder me gli sparve.
Grato a lui, ma crudel, conforto solo 261Fu l’arrestar l’addolorato passo
Su quel che mi coprì lugubre suolo;
E gemendo, benchè di gemer lasso, 264Chiamar sovente fra le tacit’ombre
Me, che non rispondea dal freddo sasso.
Ma poichè l’atre idee di lutto ingombre 267Non avvien mai, che l’alma innamorata
Per lungo sospirar divella e sgombre,
La viva piaga ad inasprir usata 270L’agitò sì, che a lui la Gallia increbbe,
E odiò, dov’io perii, la terra ingrata;
Quindi vagando per l’Ausonia accrebbe 273Coi nuovi obbietti i primi affanni ognora;
Chè al fianco ognor me tetra immago egli ebbe:
Ed or me sfugge, ed or l’infausta prora 276Pel regal Po volge all’Adriaco mare;
Ma l’immagine mia lo segue ancora.
Ah! perchè mai fra tante prove e rare 279Di tanta fede in sì dogliosi modi
Tu ne chiedi al suo cor altre più amare?