Ma benchè il fiero ardor sotterra appreso 318Di Natura opra sia, pur lo rinforza
Lo sdegnato voler del Nume offeso.
Allor sì nera idea la fral mia scorza 321Tanto agitò, ch’io terminai la via
Tremando, e al piè ritroso aspra fei forza
Dietro ai vestigj della Guida mia, 324Che fra le mura entr’un albergo ascese,
Che il pian della Cittade ampio scopría.
Dal sommo loco il guardo mio si stese 327Su mille alte nel suol moli pietrose,
E maraviglia e duolo insiem ne prese,
Chè grande quinci scopo eran fastose 330Volte di simulacri in cerchio onuste,
E per vario scarpel torri scabrose
Ricche di globi d’or le cime anguste, 333E tempj erti, e palagi, e fori, ed archi
Gravi di sculte in marmi opre vetuste.
Quindi i flutti apparían del fiume carchi 336D’innumerabil prore, e su l’altere
Sponde i tesor di genti estranie scarchi,
Che l’Afre, Americane, Inde bandiere, 339E Perse, ed Europee nell’aure molli
Volteggiavan pieghevoli e leggiere.
Il popol ingombrando i patrj colli 342Folto movea fra gli aggirati cocchi
Dai destrier d’auro intesti i curvi colli.
Delizia e maestade, ovunque gli occhi 345Io volgessi, splendeva, e in ogni loco
Gli sguardi da piacer novo eran tocchi
O l’Oceán mirassero, che il roco 348Fea rimbombar muggito, o i cinti stagni
Di cedri e aranci del color di croco;