Quindi in solingo albergo, e fra gl’ignudi 252D’ogni periglio ameni poggi e boschi
Vissi un lustro fra i sacri ozj e gli studi.
Or due volte la notte avvien che infoschi 255L’alma luce, e funesti il mio riposo;
Mentre del sonno fra i silenzj foschi
Offre il Profeta a me, che dall’ondoso 258Cobarre fu pel crin su l’aure chiare
Tratto di Sion nel santo colle ombroso,
Ov’ei mirò sul profanato Altare 261L’eretto Idol del Zelo, e gli uomin fisi
E chini al Sol nascente aureo del mare;
E le donzelle Ebree co’ smorti visi, 264Che di lamenti empiean l’estinto Adone,
Sciolte i capei d’infame pianto intrisi.
Egli, che ai Giudei Regni e alle Corone 267Assire aprì il ferale ordin de’ fati,
Con torvo ciglio a riguardar si pone
La misera Olisippo, e grida: Irati 270Scorgerai gli elementi, ed al tuo scempio,
Città infelice, orridamente armati.
Le pene avrà pel violato Tempio, 273Qual già il mio Popol ebbe, il tuo, che adegua
I prischi falli, ed il malnato esempio.
L’ultime amare par voci che segua 276Un improvviso tremolar del suolo;
Ed ei sfuma fra il bujo, e sì dilegua.
Or quali sciolser mai più infausto volo 279Presagj a par di questi, e diér sì certi
Concordi segni di futuro duolo?
Ma poichè a noi mirabilmente offerti 282Fúr dall’alta Pietà, che i fonti eterni,
Dell’avvenir volle mostrarne aperti,