Che se più tarda ai mali era l’aíta, 120Oimè! forse m’avría la cruda doglia
Spinto a dar fine all’infelice vita.
Or tu mi guida entro una sacra soglia, 123Ove della prestata a me salute
Alla divina Madre il voto io scioglia;
Chè ben gemina infuse a noi virtute: 126A me il valor fra la procella orrenda;
E a te il voler, che il mio naufragio ajute.
Là fia, che a Lei le man divote io stenda, 129Perch’ella, di Pietà fonte, l’eguale
A cotanta pietà mercè ti renda.
Tacqui; ed a lui tenero gaudio, e tale 132Sul volto sfavillò, ch’io mai non vidi
Sì lieto in benigne opre altro mortale;
Quindi con atti d’amistà più fidi 135Mi gittò il manto su l’umide spalle
Contra il vivo aere de’ marini lidi,
E mi fe’ scorta nell’ignoto calle 138Con passi al Tempio sovra l’argin pronti,
Da cui scendemmo poi dentro una valle
Tronca, e bagnata da perpetue fonti, 141Col ragionar sceme rendendo assai
Le ingrate cure in varcar prati e ponti.
Per sì lungo cammin qual fu narrai 144Del sangue mio la varia sorte, e dove
Fra i miei vagiti il primo Sol mirai,
Da quai spiagge affrontar l’infauste prove 147Ardii de’ flutti, e donde il vento crebbe
Più forte, e aggiunse furie al turbin nove;
E quanto mar la nave scorse, e bebbe 150Senz’arte e stella; e come il gonfio Tago
Sommersa alfin tra le voragin l’ebbe.