Io son colei, che ferma in cor ti giacque
Ad onta tua per avviarlo altrove. 117Mirami; e sfavillò più chiara, e tacque.
Per le parole sparve elette e nuove
La maraviglia, e un santo in me s’infuse 120Ardir, che l’Alme pie conforta e move;
Ond’io le labbra, che il timor già chiuse,
Facili aprendo: Alma real, risposi, 123Chi tanta nel mio sen grazia diffuse,
Che te inviti dall’alto, ove riposi
Fra lo splendor di tua letizia e pace, 126A ritentar le vie de’ chiostri ombrosi?
Ben fu voler divin, cui sceglier piace
Moti più ignoti all’Uom, ch’io in me volgessi 129Quel pensier tanto in sua fermezza audace,
E che in mente di Dio tu lo vedessi,
Perchè l’idea della tua morte amara 132Col tuo bel volto a rischiarar scendessi;
Ed empiendomi il cor di luce rara
Lo rendessi in amar servo di lei, 135Che fu la grande Ancella a Dio più cara.
Ma perchè in me tu spegna i dubbj miei
Sorti in mirar, che su le nubi e il tuono 138Le spine porti, onde fregiata sei,
Dimmi, e il mio dir merti da te perdono,
Quai t’afflissero spine? E forse queste 141Pungon quaggiù l’Alme serbate al trono?
Fra l’aspre, ella soggiunse, onde funeste
Del crudo mare, o grave siasi, o lieve, 144Soffre ogni prora i venti e le tempeste.
Ma che più indugi? Omai t’appiglia al breve
Sentier, che nel condurti al santo obbietto 147Beati gli occhi appien render ti deve.