E dall’azzurro e dal vermiglio grembo
Rai ne sgorgáro or agitati, or cheti, 51E ondeggiamenti del focoso nembo,
E globi, che splendean come pianeti,
E lucide corone, ed archi, e liste, 54E argentee volte, e pescarecce reti.
Ben conobb’io nel meditar le viste
Fiamme dipinte, e con mirabil’ arti 57Raccolte da Natura, e fra lor miste,
Che i sottili nitrosi efflussi sparti
Dal gelo acuto per gli aerei campi 60Salír del zolfo ad irritar le parti
Dal sole attratte, quando avvien, che avvampi
Alto del Cane sotto l’ignea stella, 63E allor scoppiáro in color varj e in lampi.
Sparía, poi riaccendeasi ogni facella;
Ed era or l’ostro illanguidito, ed ora 66Fea di vivo fulgor mostra novella.
Quand’io mi volsi a rimirar, se ancora
Stesi avesse i bei raggi al lato manco 69Ne’ moti suoi la Boreale Aurora;
E volto appena, ecco mi vidi al fianco
Una Donna Real di strisce aspersa 72Incatenate a spine il manto bianco.
Poichè alla sua la fronte ebbi conversa,
Muto per maraviglia ad una ad una 75Scopría le forme dell’immagin tersa.
Fascia di luce avea, dove s’aduna
Il più folto del crin: bruno era il crine, 78Che la faccia lambía fra il roseo bruna:
Le nere ciglia con egual confine
Doppio fean sottll arco al cerchio nero 81De’ rai, che cinto ardea d’argentee brine.