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quinta 89

Spariro, e in vece lor nacque novella
     Di piramidi sculte aspra foresta,
     282Indi ampia valle a fiori pinta e bella;
E in mille colli, e in mille armenti questa
     Cangiossi ancor; tal ch’io sclamai: Traveggo?
     285O sogno forse con pupilla desta?
Ah! dove sono? E che è mai quel ch’i’ veggo?
     Spiega le larve tu di questo loco,
     288Che alla mia mente oscura invan lo chieggo.
Essa allor allentò di roseo foco
     Le risplendenti briglie, ed ai cavalli
     291Parve l’usato volo un lieve gioco;
Poi disse: Il monte su i Trinacrj calli
     Namari ombroso, che al Pelóro scende,
     294Fecondo ha il sen di lucidi metalli,
E dentro al mar miste all’arena stende
     Parti di stibio e vetro e selenite,
     297E la sals’acqua ancor fertil ne rende;
Queste dal sol cocente alto rapite
     Fra i vapor densi forman specchj erranti
     300Di tersissime facce ed infinite.
Quindi da una colonna a lor davanti
     Mille crearne eguali ad essi accade;
     303E cangian poi gli obbietti varj e tanti,
Perchè il lor moto per l’aeree strade
     Cangia l’immago, e in angol è simile
     306Il raggio che riflette a quel che cade.
Tu non aver quanto scorgesti a vile,
     Che per cagion raro ad unirsi pronte
     309Rara anche avvien la vision gentile;
Ma ognora fra le cause o ignote, o conte,
     Per cui natura è di nov’opre vaga,
     312Adora Lui, che d’ogni causa è il fonte.