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EPOCA QUARTA. CAP. I. *i avesse avuto (ardirò dirlo) una fiamma minor 1778. della mia. Tradotte dunque In mala prosa le due Tragedie, come disri, mi posi all’impresa di leggere e studiare a verso a verso per ordine d’anzianità tutti’i nostri Poeti primarj, e postillarli in margine, non di parole, ma di uno o più tratticelli perpendicolari ai versi, per accennar* a me stesso se più o meno mi andassero a genio quei pensieri, o quelle espressioni, o quei suoni. Ma trovando a bella prima Dante riuscirmi pur troppo difficile, cominciai dal Tasso, che non avea mai neppure aperto fino a quel punto. Ed io leggeva con si pazza attenzione, volendo osservar tante e si diverse e si contrarie cose, che dopo die/;i stanze non sapea più quello ch’io avessi letto, e mi trovava essere più stanco e rifinito as«ai che se le avessi io stesso composte. Ma a poco a poco mi andai formando e l’occhio e la mente a quel faticosissimo genefe di lettura; e cosi tutto il Tasso, la Gerusalemme; poi l’Ariosto, il Furioso; poi Dante senza commenti; poi il Petrarca, tutti me gli invasai d’un fiato postillandoli tutti, e v’impiegai forse un anno. Le difficoltà di Dante, se erano istoriche, poco mi curava di intenderle; se di espressione, di nioAlJieri,V,U.VoLJI. a