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EPOCA QUARTA. CAP. I, 19 letargico ozio. Subito mi accinsi a tradurre o 1775. ridurre in prosa e frase italiana quel Filippo e quel Polinice, nati in veste spuria. Ma, per quanto mi ci arrovellassi, quelle due tragedie mi rimanevano pur sempre due cose anfibie, «d erano tra il francese e l’italiano senza essere nè l’una cosa nè l’altra;appunto come dive il Poeta nostro della carta avvampante; Un color bruno, n Che non è nero ancora, e il bianco muore, n In quest’angoscia di dover fare versi, italiani di pensieri francesi mi era già travagliato aspramente anche nel rifare la terza Cleopatra; talché alcune scene di essa, ch’io avea stese c poi lette in francese al mio Censor tragico e non grammatico, al Conte Agostino Tana, e ch’egli avea trovate forti, e bellissime, tra cui quella d’Antonio con Augusto, allorché poi vennero trasmutate ne’ miei versacci poco italiani, slombati,facili, e cantanti, esse gli comparvero una cosa men che mediocre; e me Io disse chiaramente; ed io lo credei; e dirò di piò, che lo sentii anche io. Tanto è pur vero che in ogni poesia il vestito fa la metà del corpo, ed in alcune ( come nella Lirica ) r abito fa il tutto; a segno che alcuni versi