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i«VITA DI VITTORIO ALFIERI. ■775. sembrati mai Versi; nè quando non mi sapea che cosa si fosse un verso, nè quando poi mi parve di saperlo. Torno a quel mio ritiro estivo in Cezannes, dove, oltre l’Abate letterato, aveva anche meco un Abate citarista, che m’insegnava suonar la chitarra, stromento che mi parea inspirare poesia, e pel quale una qualche disposizione avea; ma non poi la stabile volontà, che si agguagliasse al trasporto che quel suono mi cagionava. Onde nè in questo stromento, nè sul cimbalo, che da giovane avea imparato, non ho mai ecceduta la mediocrità, ancorché l’orecchio e la fantasia fossero in me musichevoli nel sommo grado. Passai cosi quell’estate fra codesti due Abati, di cui l’uno mi sollevava dalla angoscia per me si nuova ( deU’appIi* car seriamente allo studio ) col suonarmi la cetra; l’altro poi mi facea dar al diavolo col suo francese. Con tutto ciò deliziosissimi momenti mi furono, ed utilissimi, quelli in cui mi venne pur fatto di raccogliermi in me stesso, e di lavorare efficacemente a disrugginire iPmio povero intelletto, e dischiudere nella memoria le facoltà dell’imparare, le quali oltre ogni credere mi si erano oppUate in quei quasi dieci anni continui d’incallimento nel più vituperoso