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EFOCA QUARTA. CAF. I, 17 Firenze. Era quest’Abate nativo di Cezannes; 177* Chiaraavasi Aillaud; era pieno d’ingegno, di una lieta filosofia, e di molta coltura nella letteratura latina, e francese. Egli era stato Ajo di due fratelli coi quali io m’era trovato assai collegato nella prima gioventù, ed allora aveamo fatto amicizia ’ Aillaud ed io; e continuatala dappoi. Debbo dire pel vero, che codesto Abate ne’ miei primi anni avea fatto il possibile per inspirarmi l’amore delle lettere, dicendomi che ci avrei potuto riuscire; ma il tutto invano. E alle volte si era fatto fra noi il seguente risibile patto; ch’egli mi dovrebbe leggere per un’ora intera del Romanzo, 0 Novelliere, intitolato Les Mille et une Nuits; conche poi io mi sottomettessi a sentirmi leggere per soli dieci minuti uno squarcio delle Tragedie di Racine. Ed io me ne stava tutto orecchi nel tempo di quella prima insulsa lettura, e mi addormentava poi al suono dei dolcissimi versi di quel gran Tragico; cosa, di cui VAillaud arrabbiava, e vituperavarai, con gran ragione. Questo era la mia disposizione a diventar tragico, quando stava nel Primo Appartamento della Reale Accademia. Ma neppur dappoi ho potuto ingojar mai la cantilena metodica muta e gelidissima dei versi francesi, che non mi sono