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EPOCA SECONDA. CAP. X. 97

tore; e fu la mia prima uscita dal paese. La [1765] vista del mare mi rapi veramente l’anima, e non mi poteva mai saziare di contemplarlo. Cosi pure la posizione magnifica e pittoresca di quella superba Città, mi riscaldò molto la fantasia. E se io allora avessi saputa una qualche lingua, ed avessi avuti dei Poeti per le mani, avrei certamente fatto dei versi: ma da quasi due anni io non apriva più nessun libro, eccettuati di radissimo alcuni Romanzi Francesi, e qualcuna delle Prose di Voltaire, che mi dilettavano assai. Nel mio andare a Geno va ebbi un sommo piacere di rivedere la madre e la Città mia, di dove mancava già da sette anni, che in quell’età pajono secoli. Tornato poi di Genova, mi pareva di aver fatta una gran cosa, e d’aver visto molto. Ma quanto io mi teneva di questo mio viaggio cogli amici di fuori dell’Accademia, (benché non lo dimostrassi loro, per non mortificarli ) altrettanto poi mi arrabbiava e rimpiccioliva in faccia ai compagni di dentro, che tutti venivano di paesi lontani, come Inglesi,Tedeschi, Pollacchi, Russi, &c.; ed a cui il mio viaggio di Genova pareva, com’era infatti, una babbuinata. E questo mi dava una frenetica voglia di viaggiare, e di vedere da me i paesi di tutti costoro.