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EPOCA SECONDA. CAP. IX. 93


mio Curatore, tosto traboccai in ogni sorte di [1764] spesa, e principalmente negli abiti, come già mi par d’avere più sopra accennato. V’erano alcuni di quegli Inglesi miei compagni, che spendevano assai; onde io non volendo essere soverchiato, cercava pure e mi riusciva di soverchiare costoro. Ma, per altra parte quei giovinotti miei amici di fuori dall’Accademia, c coi quali io conviveva assai più che coi forestieri di dentro, per essere essi soggetti ai lor padri, avevano pochi quattrini; onde benché il loro mantenimento ’fosse decentissimo, essendo essi dei primi Signori di Torino, pure le loro spese di capriccio venivano ad essere necessariamente tenuissime. A risguardo dunque di questi, io debbo per amor del vro confessare ingenuamente di aver allora praticata una virtù, ed appurato ch’ella era in me naturale, ed invincibile: ed era di non colere nè potere soverchiar mai in nessuna cosa chi che sia, ch’io conoscessi o che si tenesse per minore di me in forza di corpo, d’ingegno, di generosità, d’indole, o di borsa. Ed in fatti, ad ogni abito nuovo, e ricco o di ricami, o di nappe, o di pelli ch’io m’andava facendo, se mi veniva fatto di vestirmelo la mattina per andare a Corte, o a tavola con i compagni