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EPOCA SECONDA. CAP. VII 85

Vi feci dunque il mio ingresso il dì 8. Maggio [1763] 1763. In quell’estate mi ci trovai quasi che solo; ma nell’autunno si andò riempiendo di forestieri d’ogni paese quasi, fuorchè Francesi; ed il numero che dominava era degli Inglesi. Una ottima tavola signorilmente servita; molta dissipazione; pochissimo studio, il molto dormire, il cavalcare ogni giorno, e l’andar sempre più facendo a mio modo, mi aveano prestamente restituita e duplicata la salute il brio e l’ardire. Mi erano ricresciuti i capelli, e sparruccatomi io mi andava vestendo a mio modo, e spendeva assai negli abiti, per isfogarmi dei panni neri che per regola dell’Accademia impreteribile avea dovuti portare in quei cinque anni del Terzo e Secondo Appartamento di essa. Il Curatore andava gridando su questi troppo ricchi e troppi abiti; ma il Sarto sapendo ch’io poteva pagare mi facea credito quanto i’ volessi, e rivestiva credo anche se a mie spese. Avuta l’eredità, e la libertà, ritrovai tosto degli amici, e dei compagni ad ogni impresa, e degli adulatori, e tutto quello in somma che vien coi danari, e fedelmente con essi pur se ne va. In mezzo a questo vortice nuovo e fervente, ed in età di anni 14 e mezzo, io non era con tutto ciò nè discolo nè sragionevole

   Alfieri, Vita. Vol. I. 6