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VITA DI VITTORIO ALFIERI. |
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[1763] pensai poi più. Dovendomi nei seguenti anni render conto in me stesso della cagione di quell’affetto mio sragionevole per un si tristo soggetto, se mi volessi abbellire, direi eh© ciò proveniva forse in me da una certa generosità di carattere: ma questa per allora non era la vera cagione: benché in appresso poi, quando nella lettura di Plutarco io cominciai ad infiammarmi dell’amor della gloria e della virtù, conobbi ed apprezzai, e praticai anche potendo, la soddisfacentissima arte del render© bene per male. Quel mio affetto per Andrea che mi avea pur dato tanti dolori, era in me? un misto della forza abituale del vederlo da sett’anni sempre dintorno a me, e della predilezione da me concepita per alcune sue belle ‘ qualità; come la sagacità nel capire, la sveltezza e destrezza somma nell’eseguire; le lunghe storiette e novelle ch’egli mi andava raccontando, ripiene di spirito, di affetti, e d’imagini; cose tutte, per cui, passato lo sdegno delle durezze e vessazioni ch’egli mi andava facendo, egli mi sapea sempre tornare in grazia. Non capisco però,come abborrendo tanto per mia natura l’essere sforzato e malmenato, mi fossi pure avvezzato al giogo di costui. Questa riflessione in appresso mi ha fatti talvolta