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EPOCA SECONDA. CAP. V | 67 |
za e nausea per quei miei soliti studj, ma nel [1762] tempo stesso un singolarissimo bollore d’idee fantastiche, dietro alle quali avrei potuto far dei versi se avessi saputo farli, ed esprimere dei vivissimi affetti, se non fossi stato ignoto a me stesso cd a chi dicea di educarmi. E fu questa la prima volta che un tale effetto cagionato in me dalla musica, mi si fece osservare, e mi restò lungamente impresso nella memoria, perch’egli fu assai maggiore d’ogni altro sentito prima. Ma andandomi poi ricordando dei miei Carnovali, e di quelle poch«recite dell’Opera seria ch’io aveva sentite, e paragonandone gli effetti a quelli che ancora provo tuttavia, quando divezzatomi dal Teatro ci ritorno dopo un certo interyallo, ritrovo sempre non vi essere il più potente e indomabile agitatore dell’animo, cuore, ed intelletto mio, di quel che lo siano i suoni tutti, e specialmente le voci di contralto e di Donna. Nessuna cosa mi desta più affetti, e più varj, e terribili. E quasi tutte le mie tragedie sono state ideate da me 0 nell’atto del sentir musica, o poche ore dopo.
Essendo scorso così il mio primo anno di studj nell’Università, nel quale si disse dai ripetitori (ed io non saprei nè come nè perchè)