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EPOCA SECONDA. CAP. IV |
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meglio il giuoco che non dalle gallerie nostre [1760]
che stavangli di fianco. Io aveva l’avvertenza di ben restringere i tomi vicini, tosto che ne avea levato uno; e così mi riuscì In quattro giorni consecutivi di riavere i miei quattro tometti, dei quali feci gran festa in me stesso, ma non lo dissi a chi che si fosse. Ma trovo pure, riandando quei tempi fra me, che da quella ricuperazione in poi,non lo lessi quasi più niente; e le due ragioni, ( oltre forse quella della poca salute che era la principale) per cui mi pare che lo trascurassi, erano la difficoltà deirintenderlo piuttosto accresciuta che scemata, (vedi rettorlco!) e l’altra era quella continua spezzatura delle Storie Ariostesche, che nel meglio del fatto ti pianta li con un palmo di naso; cosa che me ne dispiace anco adesso, perchè contraria al vero, e distruggitrice dell’effetto prodotto innanzi. E siccome io non sapeva dove andarmi a raccapezzare il seguito del fatto, finiva col lasciarlo stare. Del Tasso, che al carattere mio si sarebbe adattato assai meglio, io non ne sapeva neppure il nome. Mi capitò allora, e non mi sovviene neppur come, ” ’neide dell’Annibai Caro; e la lessi con avi e furore più d’una volta, appassionandomi )Ita per Turno, e Camilla. E ne né andava