Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
EPOCA SECONDA. CAP. II | 53 |
bassare il capo, o alzarsi la berretta, con un [1759] rispetto ed una compunzione che non mi usciranno mai della mente. Egli avea fatta gran parte della vita in Roma; era pieno del bello antico; ma pure poi alle volte nel suo Architettaure prevaricò dal buon gusto per adattarsi ai moderni. E di ciò fa fede quella sua bizzarra Chiesa di Carignano, fatta a foggia di ventaglio. Ma tali picciole macchie ha egli ben ampiamente cancellate col Teatro sopracitato, la Volta dottissima ed audacissima della Cavallerizza del Re, il Salone di Stupinigi, e la soda e dignitosa facciata del Tempio di S. Pietro in Ginevra. Mancava forse soltanto alla di lui facoltà arcliitettonica uaa più larga borsa di quel che si fosse quella del Re di Sardegna: e ciò testimoniano i molti e grandiosi disegni ch’egli lasciò morendo, e che furono dal Re ritirati, in cui v’erano dei progetti variatissimi per diversi abbellimenti da farsi in Torino, e tra gli altri per rifabbricare quel muro sconcissimo, che divide la Piazza del Castello dalla Piazza del Palazzo Reale; muro che si chiama, non so perchè, il Padiglione.
Mi compiaccio ora moltissimo nel parlar quel mio Zio, che sapea pure far qualche a; ed ora soltanto ne conosco tutto il pre-
Alfieri, Vita. Voil. I.