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EPOCA PRIMA. CAP. II. | 47 |
vano le Vite di Cornelio Nipote, ma nessuno [1759] di noi, e forse neppure il maestro, sapeva chi si fossero stati quegli Uomini di cui si traducevan le Vite, nè dove fossero i loro paesi,nè in quali tempi nè in quali governi vivessero, nè rosa si fosse un governo qualunque. Tutte le idee erano 0 circoscritte, o false, o confuse; nessuno scopo in chi insegnava; nessunissimo allettamento in dii imparava. Erano in somma dei vergognosissimi perdigiorni; non c’invigilando nessuno; 0 chi lo faceva, nulla intendendovi. Ed ecco in qual modo si viene a tradire senza rimedio la gioventù.
Passato quasi che tutto l’anno 1759 in simili studj, verso il Novembre fui promosso all’Umanità. Il maestro di essa. Don Amatis, era un Prete di molto ingegno e sagacità, e di sufficiente dottrina. Sotto di questo, io feci assai maggior profitto; e per quanto quel metodo di mal intesi studj lo comportasse,mi rinforzai bastantemente nella lingua Latina. L’emulazione misi accrebbe, per l’incontro di un giovine che competeva con me nel fare il Tema, ed alcuna volta mi superava; ipa vieppiù >oi mi vinceva sempre negli esercizi della meloria, recitando egli sino a 600 versi delle ieorgichedi Virgilio d’un fiato,senza sba-
Alfieri, Vita. Vol. I