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42 | VITA DI VITTORIO ALFIERI |
[1758] e nel pianto, e nel desiderio vivissimo di tutte quelle cose da me abbandonate il giorno antecedente. Dopo alcuni di, avvezzatomi poi alla novità, ripigliai e l’allegria e la vivacità in un grado assai maggiore ch’io non avessi mostrata mai; ed anzi fu tanta, che allo Zio parve assai troppa; e trovandomi essere un diavoletto, che gli metteva a soqquadro la casa, e che per non avere maestro che mi facesse far nulla, io perdeva assolutamente il mio tempo, in vece di aspettare a mettermi in Accademia all’Ottobre come s’era detto, mi v’ingabbiò fin dal di I. d’Agosto dell’anno 1758.
In età di nove anni e mezzo io mi ritrovai dunque ad un tratto traspiantato in mezzo a persone sconosciute, allontanato affatto dai parenti, isolato, ed abbandonato per così dire a me stesso; perchè quella specie di educazione pubblica (se chiamarla pur vorremo educazione ) in nessuna altra cosa fuorché negli studj, e anche Dio sa come, influiva su l’ani-i mo di quei giovinetti. Nessuna massima di morale mai, nessun ammaestramento della vita ci veniva dato. E chi ce l’avrebbe dato, se gli Educatori stessi non conoscevano il monde aè per teoria nè per pratica?
Era quell’ Accademia un sountuosissimo edi-