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EPOCA PRIMA. CAP. IV. 31


dre con occhio arcigno guardandomi, mi domanda [1757] se io mi ci posso veramente sedere; se 10 ho fatto quel ch’era mio dovere di fare; e se in somma io non ho nulla da rimproverare a me stesso. Ciascuno di questi quesiti mi era una pugnalata nel cuore; rispondeva certamente per me l’addolorato mio viso; ma il labro non poteva proferir parola: nè ci fu mezzo mai, che io volessi non che eseguire, ma nè articolare nè accennar pure la ingiuntami penitenza. E parimente la madre non la voleva accennare, per non tradire il traditor Confessore. Onde la cosa fini, che ella perdè per quel giorno la prosternazione da farglisi, ed io ci perdei il pranzo, e fors’anco l’assoluzione datami a si duro patto dal P. Angelo. Non ebbi con tutto ciò per allora la sagacità di penetrare che il P. Angelo aveva concertato con mia madre la penitenza da ingiungermi. Ma il core servendomi in ciò meglio assai,dell’ingegno, contrassi d’allora in poi un odietto bastantemente profondo pelsudetto Frate, e noa molta propensione in appresso per quel Sagramento, ancorché nelle seguenti confessioni non. mi si ingiungesse poi mai più nessuna pena pubblica.