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290 VITA DI VITTORIO ALFIERI.
- 775 state il parto maturo di una incapacità erudita,
e la mia era un parto affrettato di una igno-» ranza capace. sonettiMa qualcuno si appressa: io tremo di bel nuovo. Oh cielo! vien l’emulo Leone; egli ha un’aria soddisfatta; la Cleopatra non è piaciuta; io son perduto. SCENA TERZA. LEONE, ZEUSIPPO, ORFEO. LEONE. Amici, oh che felice incontro! Zeusippo, vi ho ascoltato con molto piacere: dovevate trovarvi anche voi al teatro, avreste fatto sobbissar la platea dagli applausi. Z EUSiPPO. Via, signor Leone, voi mi dite troppo; non vi credo; e non ho ancora il viso bastantemente sciacquato da Ippocrene, per presentarmi al pubblico senza arrossire: credo sarei morto d’affanno, se io mi trovava alla rappresentazione. LEONE. Eh, che rossore? questo non è color poetico; scacciate coteste fanciullesche imaginazio