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a66 VITA DI VITTORIO ALFIERI; 1775. mi svergognava. Nè queste ridicole e insulsi Colascionate avrei osate trascrivere, se qon Quanto godon d’aver figliuoli «tolti, E vero che di questi non son molti, Che lor chiedan consìgli e non danari-. Da chi poi la stoltezza è più eli’ amata, La cetra oscuramente qui li addita, Sono que’meschinelli, a cui la vita La dabenaggin nostra ha già donata. Che diremo de’ brutti bacchettoni; Percotendosi il petto, e lagrimuccie Costor spargon fra gonzi; alle donnuccì» Di soppiatto facendo certi occhioni. E voi ricchi, ed ignari alti Signori Alla volgar stupidità dovete Di comparire ognor quel che non siete. Via ergetele un tempio, e ogn’un l’adori. Voi altri Zerbinotti casca-morti, Che nella testa, seppur-testa avete. Altro che freddi semi non chiudete. Se non vi fosser stolti, siete morti. Voi famelici autori, e che fareste? E se non fosse il volgo ignaro, e stolto Vi si vedria la fame pinta in volto. Chi sa, d’inanizion forse morreste.