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»6a VITA DI VITTORIO ALFIERI. 1775 compatimento la cagione che mi movea a far# simili scenate; che altro non era se non se il O se la sente ancor, la scuote invano, Ch’allacciata le vien da accorta mano. L’innamorato stolto, un uom si crede, E ch’un uom non è più già non s’avvede. Delirando sen va sera, e mattina E da lui la raggion fugge tapina. Ogni giorno scemando il suo cervello. Già non discerne più, nè il buon nè il bello. Va gli amici fuggendo, e ancòr se stesso Fugge, per non sentir l’error commesso. Nè l’ardisce emendar, piange, sospira, Contro il perfido amor, stolto, si adira. La donna, ch’altro vuol ch’aspri lamenti, Con rimproveri accresce i rei tormenti; E nel fiero contrasto ognor più sciocca L’innamorato sta, come un àlocco. Legge in viso ad ognun la sua sentenza, E si rode il suo fren con gran pazienza. La pazienza, virtù denominata, Ma specialmente all’asino accordata. L’innamorato almen sembrasse in tutto Al lascivo animai, immondo, e brutto. Spesso lo muove poi fredda pazzia,