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if,o VITA DI VITTORIO ALFIERI*775. e ritornare al mio carcere. Questo era anche uno dei tanti compensi ch’io aveva ritrovati per rinsavirmi a viva forza. Stavano i miei legami nascosti sotto il mantellone in cui mi avviluppava, ed avendo libere le mani per leggere, o Scrivere, o picchiarmi la testa, chiunque veniva a vedermi non s’accorgeva punto ch’io fossi attaccato della persona alla seggiola. E cosi ci passava dell’ore non poche. Il solo Elia, che era il legatore, era a parte di questo segreto; e mi sciogljeva egli poi, quando io sentendomi passato quell’accesso di furiosa imbecillità, sicuro di me, ci riassodato il proponimento, gli accennava di sciogliermi. Ed in tante e si diverse maniere mi ajutai da codesti fierissimi assalti, che alla fine pure scampai dal ricadere in quel baratro. E tra le strane maniere che in ciò adoperai, fu certo stranissima quella di una mascherata ch’io feci nel finire di codesto Carnevale, al pubblico ballo del teatro. Vestito da Apollo assai bene, osai di presentarmivi con la cetra, e strimpellando alla meglio, di cantarvi alcuni versacci fatti da me, i quali anche con mia confusione trascriverò qui in fondo di pagina. Una tale sfacciataggine era in tutto contraria alla mia indole naturale. Ma, sentendomi io pur trop