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a58 VITA DI VITTORIO ALFIERI. 1775 ingolfatomi davvero nello studio dei nostri ottimi poeti, tosto imparai a stimare codesto mio sonetto per quel giusto nulla ch’egli valeva. Professo con tutto ciò un grand’obbligo a quelle prime lodi non vere, e a chi cortesemente le mi donò, poiché molto mi incoraggirono a cercare di meritarne delle vere; Già parecchi giorni prima della rottura con la Signora, vedendola io indispensabile ed imminente, mi era sovvenuto di ripescare di sotto al cuscino della poltroncina quella mia mezza Cleopatra, stata ivi in macero quasi che un anno. Venne poi dunque quel giorno, in cui, fra quelle mie smanie e solitudine quasi che continua,buttandovi gli occhi su, ed allora soltanto quasi come un lampo insortami la somiglianza del mio stato di cuore con quello di Antonio, dissi fra me stesso: Va prcfseguita quest’impresa;rifarla,se non può star cosi;ma in somma sviluppare in questa tragedia gli affetti che mi divorano, e farla recitare questa primavera dai Comici che ci verranno. Appena mi entrò questa idea, ch’io (quasiché vi avessi ritrovata la mia guarigione ) cominciai a schiccherar fogli,rappezzare, rimutare, troncare, aggiungere, proseguire, ricominciare, «d in somma a impazzare in altro modo iiitor