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EPOCA TERZA. CAP. XV. *"’5 crescente di vedermi cosi ammazzare il tempo «me stesso nell’ozio. Trascriverò qui, oltre il Sonetto, anco la di lui cortese risposta. Quest’ottimo uomo mi era sempre andato suggerendo delle letture Italiane, or questa or quella-, e tra l’altre, trovata un giorno su un muricciuolo la Cleopatra, ch’egli intitola eminentissima per essere del Cardinal Delfino, riPRIMO SONETTO. Ho vinto alfin, sì non m’inganno, ho vinto Spenta è la fiamma, che vorace ardeva Questo mio cuor da indegni lacci avvinto I cui moti,ramor cieco reggeva. Prima d’araarti, o Donna, io ben sapeva Ch’era iniquo tal foco, e tal respinto L’ho mille fiate, e mille Amor vinceva Sì che vivo non era, e non estinto. Il lungo duol, e gli affannosi pianti, Li aspri tormenti, e i crudei dubbj amari „ Onde s’intesse il viver degli amanti „ Fisso con occhi non di pianto avari. Stolto, che dissi? è la virtù fra’tanti Sogni, la sola i cui pensier sian cari.