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aSo VITA DI VITTORIO ALFIERI.
- 774 masto in Torino per badare alle cose mie durante
il mio viaggio che dovea essere d’un anno; Elia, destinato sempre a medicare, o palliar le mie piaghe, mi riporta quella risposta. L’udienza mi vien accordata, entro in città, come profugo, su l’imbrunir della notte; ottengo il mio intero vergognoso perdono; riparto all’alba consecutiva verso Milano, rimasti d’accordo fra noi due che in capo di cinque o sei settimane sotto pretesto di salute me ne ritornerei in Torino. Ed io in tal guisa palleggiato a vicenda tra la ragione e l’insania, appena firmata la pace, trovandomi di bel nuovo soletto su la strada maestra fra i miei pensamenti, fieramente mi sentiva riassalito dalla vergogna di tanta mia debolezza. Cosi arrivai a Milano lacerato da questi rimorsi in uno stato compassionevole ad un tempo e risibile. Io non sapeva allora, ma provava per esperienza quel profondo ed elegante bel detto del nostro mae• stro d’Amore, il Petrarca; M Che chi discerne è vinto da chi vuole.» Due giorni appena mi trattenni in Milano, sempre fantasticando, ora come potrei abbreviare quel maledetto viaggio; ed ora, come lo potrei far durare senza tener parola del ritorno: che libero avrei voluto trovarmi, ma libe