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242 VITA DI VITTORIO ALFIERI.


[1774] far parlare Cleopatra piuttosto che Berenice, o Zenobia, o qualunque altra Regina tragediabile, fuorché Tesser io avvezzo da mesi ed anni a vedere nell’anticamera di quella Signo-


photino.

T’accheta, non fu doglia pari
A quella che mi strugge, e mi consuma
De’Tolomei, l’illustre ceppo ha fine.
Con lor rovina il sventurato Egitto,
Benché di corte all’aura infida, nato
Nome non è per me finto, o sognato
Quel bel di patria nome, che nel petto,
Invan mi avvampa, qual divino fuoco:
Ma de’stati la sorte allor che pende
Da un sol, quell’un tutti infelici rende,

lachesi.

Inutili riflessi; ora fra’mali
Sol fia d’uopo il minor, possenti
Dei, Voi che de’miseri mortali1
Reggete colassù le vite, e i fati
Ah pria di me, se l’ire vostre io basto
Tutte a placar, il pronto morir sia,
La vittima2

  1. Verso brevino.
  2. Verso abortivo.