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238 VITA DI VITTORIO ALFIERI.


[1773] sarmi e testare. Lo prevenni, col domandar Tuno e l’altro, nè questo mi sturbò puntol’animo. In due o tre aspetti mi occorse di rimirare ben in faccia la morte nella mia gioventù; e mi pare di averla ricevuta sempre con lo stesso contegno. Chi sa poi, se quando ella mi si riaffaccierà irremissibile io nello stesso modo la riceverò. Bisogna veramente che l’uomo muoja,perchè altri possa appurare, ed ei stesso, il di lui giusto valore.

[1774]Risorto da quella malattia, ripigliai tristamente le mie catene amorose. Ma per levarmene pure qualcun’altra d’addosso, non volli più lungamente godermi i lacci militari, che sommamente mi erano sempre dispiaciuti, abborrendo io quell’infame mestiere dell’armi sotto un’autorità assoluta qual ch’ella sia; cosa, che sempre esclude il sacrosanto nome di Patria. Non negherò pure, che in quel punto la mia Venere non fosse più assai per me obbrobriosa che non era il mio Marte. In somma fui dal Colonnello, e allegando la salute domandai dimissione dal servizio, che non avea a dir vero prestato mai; poiché in circa ott’anni che portai l’uniforme, cinque gli avea passati fuor del paese, e nei tre altri appena cinque riviste avea passate, che due l’anno se ne pas-