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EPOCA TERZA. CAP. XIII. 235

pure molto la di lei bellezza non ordinaria mi [1773] andasse a genio; con tutto ciò credendo come un mentecatto al di lei immenso amore per me, a poco a poco l’amai davvero, e mi c’ingolfai sino agli occhi. Non vi fu più per me nè divertimenti, nè amici; per fino gli adorati cavalli furono da me trascurati. Dalla mattina all’otto fino alle dodici della sera eternamente seco, scontento dell’esserci, e non potendo pure non esserci: bizzarro e tormentosissimo stato, in cui vissi non ostante (o vegetai, per dir meglio) da circa il mezzo dell’anno 1773, sino a tutto il Febbrajo del 75; senza contar poi la coda di questa per me fatale e ad un tempo fausta cometa.

CAPITOLO DECIMOQUARTO.

Malattia, e ravvedimento.


Nel lungo tempo che durò questa pratica, arrabbiando io dalla mattina alla sera, facilmente mi alterai la salute. Ed in fatti nel fine del 73 ebbi una malattia non lunga ma fierissima, e straordinaria a segno che i maligni begl’ingegni, di cui Torino non manca, dissero arguta-